Fino a poco tempo fa, la depressione post partum era un argomento pressoché tabù. L’idea diffusa che la gravidanza sia un momento arricchente, emozionante e travolgente ha appiattito la narrazione, rendendola forse troppo idealistica e semplificata, non tenendo conto di un altro aspetto importante: ovvero che diventare genitori richiede un lavoro psichico, fisico e relazionale profondo che, a volte, può risultare doloroso, sia per il papà sia (e soprattutto) per la mamma.

Come risultato, per diverso tempo si è sottostimato il problema della depressione post parto. Secondo alcuni riscontri medici, sembra che ben il 50% di casi di depressione post parto non vengano diagnosticati. Questo può comportare disagi profondi per la famiglia, investendo non solo la sfera psicologica della madre, ma anche lo sviluppo e la crescita del bambino con ripercussioni anche sul lungo termine.

Ecco perché è importante riconoscere questo disturbo e sapere come agire.

Maternity blues e depressione post parto, le differenze

Prima di tutto facciamo una distinzione: accanto alla depressione post parto vera e propria esiste infatti il cosiddetto “maternity blues” (o “baby blues”). Si tratta di una forma transitoria di malessere che, benché presenti sintomi simili alla depressione, è molto circoscritta nel tempo.

Il maternity blues si manifesta infatti nella prima settimana dal parto e dura qualche giorno, o comunque non oltre le 2 settimane. I sintomi includono basso tono dell’umore, irritabilità, crisi di pianto, ansia e insonnia, che sono per certi versi una versione “potenziata” delle comuni emozioni di insicurezza e ansia che la mamma può provare nella cura del suo bambino.

Si tratta, come abbiamo detto, di sintomi passeggeri: tuttavia, è importante non sottostimare questi episodi, perché alcuni studi riportano che il 20% delle donne che li sviluppano corrono il rischio di manifestare altri episodi depressivi di maggiore entità entro l’anno.

D’altra parte, è bene distinguere il maternity blues dalla depressione nel post partum. In questo caso, infatti, si tratta di un vero e proprio disturbo, con un esordio che avviene di solito dalla 3° o 4° settimana dopo il parto fino al terzo mese, con una serie di sintomi che incidono negativamente sulla cura del neonato e sul benessere della madre.

Le madri che soffrono di questo disturbo possono infatti manifestare l’incapacità di prendersi cura del figlio: questa condizione non fa che peggiorare la situazione, perché la madre inizia a provare sensi di colpa, paura, senso di inadeguatezza. Se non aiutata, questa spiacevole condizione può persistere fino al primo anno di vita del bambino, portando a successivi problemi nella relazione madre-figlio, nonché a possibili disturbi al neurosviluppo del bambino.

I sintomi della depressione post partum

Oltre ad essere stata trascurata in ambito diagnostico per troppo tempo, la depressione post partum ha un altro problema. I suoi sintomi possono infatti confondersi con altre situazioni di per sé molto comuni nel periodo successivo alla gravidanza: parliamo di difficoltà nel sonno, mancanza di energie, apatia, inappetenza, cali dell’attenzione.

Ma allora quali sono i sintomi della depressione post partum?

Secondo i dottori, si tratta di sintomi del tutto assimilabili alla cosiddetta depressione maggiore, un disturbo dell’umore contraddistinto da un profondo sentimento di tristezza che affligge la quotidianità, portando a un senso di disperazione, mancanza di interesse e incapacità di provare piacere persino di fronte a eventi piacevoli.

Così, anche di fronte alla gioia e alla sfida di diventare madre, la donna inizia a provare ansia, tristezza, a volte perfino repulsione, colpevolizzando se stessa per non essere una brava madre per il suo bambino. Le donne in una situazione di depressione post parto possono arrivare a provare giorno dopo giorno:

  • basso tono dell’umore, tristezza, irritabilità, noia insistenti e quotidiane;
  • ansia e angoscia nel prendersi cura del bambino;
  • apatia e mancanza di interessi: scarsa motivazione per qualsiasi attività;
  • alterazione del sonno, dell’appetito e del desiderio sessuale;
  • ideazione pessimistica e pensieri ricorrenti negativi su di sé, sul proprio futuro e sul proprio bambino;
  • ridotta concentrazione;
  • paura di nuocere al neonato.

Tutte queste situazioni portano a una difficoltà nell’interazione con il neonato e una minore reciprocità tra madre e figlio. La madre inizia a sentirsi incapace, inadeguata, non meritevole dell’amore del bambino e persino del partner.

Cosa fare in caso di depressione post partum

La depressione postpartum è stata definita molto spesso “un ladro che ruba la maternità”. La cosa peggiore è che a sentirsi colpevole non è il ladro, ma la madre stessa, in realtà vittima di una situazione più grande, non cercata, non voluta, eppure così comune a molte donne.

La cosa importante da capire è che c’è modo di uscire da questa situazione. Prima di tutto bisogna riconoscerla, accettarla, e poi affidarsi a delle mani esperte e alla sensibilità di professionisti come psicologi e psicoterapeuti per trovare una via diversa, una forma di reazione che aiuti la propria salute mentale, psicologica ed emotiva.

Non bisogna assecondare i sentimenti di colpa, quanto piuttosto attivare le migliori difese per tenere lontano quel ladro di maternità che è la depressione post parto.

Parlarne, confrontarsi, aprirsi con le persone e con un professionista fidato saranno la chiave per fare del bene a se stesse e al proprio bambino, coltivando una relazione serena, fruttuosa, magari proprio facendo tesoro delle difficoltà incontrate per costruire una consapevolezza maggiore su se stesse.

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